Trattamento del linfoma di Hodgkin
Sulla base della estensione della malattia ( stadio ) e della presenza o meno di alcuni fattori di rischio viene stabilito un programma di trattamento adeguato alla situazione del paziente.
Il trattamento dei linfomi di Hodgkin prevede una polichemioterapia, solitamente somministrata in regime ambulatoriale.
Lo schema di terapia di riferimento, più diffusamente impiegato nel mondo è l’ABVD, dalle iniziali dei farmaci che lo compongono.
Questa terapia è stata perfezionata all’Istituto Tumori di Milano negli anni 70 da Gianni Bonadonna.
Altri schemi di trattamento più aggressivi hanno in alcuni casi dimostrato una efficacia superiore, ma a prezzo di una tossicità non sempre accettabile.
La radioterapia, in passato elemento cardine della terapia è oggi impiegata in campi e dosi molto più ridotte, allo scopo di limitare la tossicità a distanza.
La PET effettuata nel corso del trattamento, solitamente dopo i primi 2 cicli, è dotata di un rilevante significato prognostico: in circa l’80% dei pazienti risulta negativa e quindi proseguendo il programma terapeutico impostato le probabilità di guarigione sono molto elevate.
In caso di risposta subottimale o di non risposta alcuni programmi di trattamento prevedono una intensificazione della terapia.
La minoranza di pazienti che non ottengono la guarigione per resistenza alla terapia di prima linea o che ricadono, può essere recuperata utilizzando forme di terapia più aggressive ed anche facendo ricorso al trapianto di cellule staminali.
Anche nel linfoma di Hodgkin esiste una quota di pazienti in cui la malattia assume caratteri di aggressività e resistenza alle cure.
Negli ultimi anni, nuovi farmaci biologici si sono aggiunti all’armamentario terapeutico a disposizione: Il Brentuximab Vedotin ( Adcetris ) è un anticorpo monoclonale che riconosce come bersaglio le cellule malate e che veicola una tossina in grado di distruggerle selettivamente.
Altri farmaci innovativi che si stanno dimostrando sorprendentemente efficaci nel linfoma di Hodgkin, a livello ancora sperimentale, sono i cosiddetti inibitori di PD1 e di PD1-L; il loro effetto si esplica rimuovendo una sorta di blocco del sistema immunitario dell’organismo nei confronti delle cellule tumorali. Questi nuovi presidi consentono di recuperare un maggior numero di casi resistenti ma anche, potenzialmente, di rendere ancor più efficaci e meno tossiche le cure per tutti i pazienti. ( Xagena_2016 )
Fonte: Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma ( AIL ), 2016
Xagena_Medicina_2016